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98 il natale del consigliere

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Chiaroscuro.djvu{{padleft:104|3|0]] le pietre, i fiumicelli paludosi: ecco una muriccia a secco, bigia e verdastra come un gran serpente addormentato nel pallido crepuscolo d’inverno: i monti lontani son coperti di nebbia violetta, un lumino brilla nel casotto prima della stazione; una donna lacera e smunta sta immobile davanti al cancello, con la banderuola in mano, e una turba di bimbi famelici e sporchi formicola intorno. E tutta l’angoscia del mal di mare riprende l’anima e il corpo di don Salvator Angelo Carta.

Passato il treno, la donna della banderuola rientrò nel casotto e accese il fuoco nel grande camino, unico lusso della stanza umida e triste che serviva di rifugio al «casellante» e alla sua doppia famiglia. E tosto, come farfalle attirate dal lume, i bimbi e i ragazzetti che fino a quel momento avevano sfidato impavidi il freddo dello spiazzo e delle macchie intorno al casotto, si raccolsero attorno alla vedova ancora curva sul focolare. Quanti erano? Tanti quanti i pulcini attorno alla chioccia: due, i più piccini, si aggrapparono ai fianchi della donna; due, più grandetti, che si rincorrevano ridendo, si gettarono alle sue spalle, un altro, per sfuggire alla persecuzione di una donnina in cuffia rossa, i cui grandi occhi neri, in un visetto livido, sfavillavano di sdegno selvaggio, si cacciò

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