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l’uomo nuovo | 173 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Chiaroscuro.djvu{{padleft:179|3|0]] che credeva di non sentire sinceramente, e inscrivendosi alla scuola normale. Maestro, austero maestro di civiltà e di verità voleva essere: e per cominciare aveva querelato il parroco del suo paese che suonava le campane nella notte dei morti, e aveva denunziato al sottoprefetto il sindaco che permetteva l’uso del coltello ai pregiudicati.
Mangiato che ebbe si lavò e s’accostò alla finestra per pulirsi le unghie. Cadeva la sera, una sera afosa d’estate: giù nel cortile circondato da casupole pietrose il fico rifletteva il crepuscolo come un albero di metallo; ma sull’oriente fosco le nuvole pesanti, vicine, pareva salissero dai tetti coperti di musco rugginoso, e il cielo era addossato al paesaggio come nei quadri di Zuloaga. Lo studente amava quel cantuccio triste e pittoresco che gli ricordava il suo paesetto medioevale, la sua nobile casupola in rovina; gli pareva di veder suo padre, don Giame Demuros, sul ballatoio a pulirsi le unghie anche di notte mentre la vecchia serva rispettosa gli faceva lume con un’antica lampada di rame.
Qui la gente era volgare e superstiziosa, ma egli compativa tutto: eppure non seppe frenare una smorfia di sdegno nel sentire la voce lenta della sua padrona che raccontava ad Annarosa e alle vicine di casa il risultato del suo consulto con Sant’Antonio.
— Così vi dico, anime mie buone: i ceri dell’altare maggiore brillarono a un tratto come le sette stelle del cielo, ed entrarono i ca-