< Pagina:Deledda - Chiaroscuro.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

l’uomo nuovo 175

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Chiaroscuro.djvu{{padleft:181|3|0]] stizia un delinquente così inumano. Dite ciò che sapete di lui; se è vero che egli è partito per guadagnare il tanto da comprare i gioielli; dite il contenuto dell’ultima lettera che risulta arrivata a Nuoro la sera del cinque luglio, tre giorni dopo il delitto. Voi credete in Dio e dovete salvare l’anima vostra.

Così parlava il giudice, ma la madre piangeva e giurava che non sapeva nulla e che Sant’Antonio nei «responsos» le aveva rivelato la piena innocenza di Portolu Farina.

— Giudice mio, egli è innocente come il sole.

Annarosa invece non difendeva il colpevole, ma non lo accusava e non piangeva, no: scarna, con gli occhi infossati e il viso azzurrognolo come ustionato, teneva in seno sulla pelle nuda la lettera che lo studente prima di partire per le vacanze le aveva restituito dicendole: «se hai coscienza devi consegnarla al giudice» e le pareva che il foglio le bruciasse le carni come una lastra infocata e che la freccia del cuore amoroso trapassasse il suo; ma si sarebbe mozzata la lingua prima di parlarne ad anima viva, neppure a sua madre.

Sogni spaventosi la tormentavano; le pareva di veder Portolu appostato come un cinghiale ad attendere e ad assalire il viandante: e sotto i colpi fatali il corpo della vittima spaccarsi rosseggiante come una melagrana; le pareva di veder il fidanzato tornare a casa con la bisaccia insanguinata e da questa trarre i gioielli e il rosario con la croce d’oro....

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.