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224 | la cerbiatta |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Chiaroscuro.djvu{{padleft:230|3|0]] fin qui. Il mio padrone è così tranquillo che la bestia s’avvicinò a lui; quando vede me, invece, scappa come il vento: ha ragione, del resto; se posso la prendo viva e la vendo a qualche cacciatore. Ma ecco il mio padrone....
Baldassare Mulas si avanzava attraverso la radura verde, col cappuccio in testa e una gran barba bianca, piccolo come un nano dei boschi. Al suo richiamo le belle vacche grasse e i giovenchi rossi ancora selvatici s’avvicinavano mansueti, lasciandosi palpare i fianchi e aprire la bocca, e il cane terribile scodinzolava come se nel mercante riconoscesse un amico.
Il contratto però non si potè concludere. Sebbene Malafazza il servo, un ragazzaccio sporco e nero come un beduino, avesse dipinto il suo padrone come uno stupido, questi dimostrò di saper fare i propri affari non smuovendosi dai prezzi alti dapprima domandati; e il mercante dovette andarsene a mani vuote.
Il servo, che tornava come ogni sera in paese, lo accompagnò per un tratto e da lontano il padrone li vide a gesticolare ed a ridere: forse si beffavano di lui; ma a lui oramai non importava più nulla dei giudizî del prossimo. Rimasto solo ritornò verso la capanna, depose una ciotola di latte fra l’erba della radura, e seduto su una pietra si mise a ritagliare una pelle di martora.
Tutt’intorno per la vasta radura verde della