Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
la festa del cristo | 237 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Chiaroscuro.djvu{{padleft:243|3|0]]
D’improvviso il tempo cambiò. Prete Filìa sentiva i pellegrini, che eran partiti pregando, bisbigliare e le donne sospirare; ma continuava a guardare davanti a sè, nel vuoto dell’orizzonte riempito dal caos delle nuvole, e gli sembrava che il rumore del vento, quello del torrente e del passo dei cavalli fosse coperto dallo scalpitìo del puledro di Istevene. Mormorò:
— Cristo, Dio, aiuta i peccatori.
A un tratto un grido di terrore si alzò dalla fila delle donne. Allora si volse e vide che il puledro aveva trascinato Istevene giù per la china dirupata sotto il sentiero. Rosso, infuriato, il giovane stringeva con le sue ginocchia poderose il fiero animale, e imprecando e colpendogli col pugno la testa voltata sul collo, lo costringeva a tornar su.
Gli uomini gridarono:
— Dove l’hai comprato questo gioiello, Istevene Sole? Pare il diavolo. È come te!
La fila fu ricomposta, si riprese il cammino, ma le donne erano inquiete e i cavalli fremevano eccitati dall’esempio del loro compagno straniero che voleva sorpassarli e tirava calci alle rocce. Le rocce sprizzavan scintille.
— La giustizia ti domi, — gridava Istevene al puledro. — E ti ho pagato quaranta scudi belli come quaranta fratelli!
Il vecchio prete guardava avanti a sè e pregava.
— Cristo, Dio, aiuta i peccatori....
Verso il tramonto il tempo si fece orribile.