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264 un po' a tutti

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Chiaroscuro.djvu{{padleft:270|3|0]] un nobile spiantato, ad un banchetto, si nascose un cucchiaio d’argento nella scarpa....

L’allusione era evidente, e non contenta di questo la sennòra Rughitta caricò Barbara d’improperî.

— Cosa ti credi? Di poter diventar dama? Mangia, che ti si mangino i corvi, e va fuori, piedi di pavone.

Barbara non rispose, ricordando che il padrone quando la sennòra Rughitta sgridava lui o i servi, si metteva ironicamente un dito attraverso le labbra accennando a tutti di tacere; e dopo aver mangiato dal canestro col servo, che per poterla toccare anche lui le diceva che aveva una formica sul braccio, prese dalla culla il bambino e torno sotto l’ontano.

— Babbài torna stasera, e porta un bel cavallino....

Il meriggio stendeva un velo d’azzurro cinereo sul paesaggio primitivo, e l’acqua del torrente, gli alberi e i fiori, tutto sembrava di quel colore. Il rumore dell’acqua si fondeva col lamento lontano di una fisarmonica, ed a Barbara veniva da piangere; non che fosse triste per gl’insulti già dimenticati della padrona, ma perchè si sentiva anche lei avvolta da quel velo, penetrata da quel lamento lontano. Persino Istasi aveva smesso l’idea fissa d’acchiapparsi i piedini; immobile a pancia in su, con un dito in bocca e gli occhi fissi al cielo, mormorava come cercando di imitare il ronzio delle api intorno, ma a poco

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