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274 | libeccio |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Chiaroscuro.djvu{{padleft:280|3|0]] care i piedi sopra di lui per sprofondarlo meglio.
— Agata! Che è accaduto? Lo voglio sapere! Ti ho sentito gemere, sai: tu stai lì, adesso, come sempre, fredda come una statua, ma il cuore mi dice tutto. Tutto! Parla, Agata, o stanotte succede qualche cosa.
— Ma nulla, ti dico! Abbiamo un po’ questionato, con lui, perchè è andato là, da mia sorella, con la scusa che mio cognato sta male. Io non volevo. Sai che siamo in lite, con mia sorella, lo sai: sai tutte le cose da lei. Allora dissi a mio marito: sì, tu va pure, veglia pure quel buon uomo e lasciami sola. Farò venir Diego a tenermi compagnia! Com’è diventato! Come quel mare, livido, nero. — Fa pure, — mi disse, — se ti vedo con lui ti uccido. Lui lo lascio in vita perchè continui a divertirsi con le donne maritate.
L’uomo abbrancava pugni di sabbia che poi sbatteva davanti a sè. No, non era questo soltanto. Sentiva che la donna mentiva e voleva saper tutto. Tornò a buttarsi giù, cercò di calmarsi.
— E tu sei venuta fuori, ti sei messa lì, al vento, mentre nelle sere belle non ti si vede mai. Perchè?
— Per sfogar la rabbia! Non lo vedi?
— E se tuo marito adesso ritorna e ti vede con me?
— Mi uccide.
— E tu sei contenta?
— Molto, Diego. Che cosa faccio, viva, io?