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Un carro sardo tirato da due piccoli buoi biancastri attraversava lentamente la pianura.

Ricordo come fosse ieri; noi andavamo a piedi ad una vigna e raggiungemmo il carro, tanto questo andava con lentezza pesante. Lo guidava un uomo alto, vestito d’un costume rosso, con una larga barba grigia-rossastra dalle punte attortigliate. Sul carro sedeva sopra un sacco di lana a righe nere e gialle una donna non più giovane: gli occhi, però, castanei limpidi in un viso maschio marmoreo avevano una luce ardente di passione e di giovinezza. Vestiva il costume di Mamojada, col corsettino di broccato a due punte che dà l’idea d’un calice di rosa spaccato: teneva le mani sotto il grembiale.

Era d’autunno inoltrato; gli alberi conservavano ancora tutte le foglie che sembravano di rame, e i vigneti vendemmiati stendevano quadrati rugginosi sul fondo verdognolo del piano; e su tutte le cose il cielo latteo versava un silenzio ed una luce quasi lunare.

La serva che era con noi, dopo aver fissato

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