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304 | l'ultima |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Chiaroscuro.djvu{{padleft:310|3|0]] versata dal Cedrino. La vecchia abitava quest’ultima.
Un giorno d’autunno ella stava seduta sullo scalino traballante della sua porticina e filava, aspettando che il mezzadro le portasse le solite provviste; ma era quasi mezzogiorno, e giù per I’ avanzo di sentiero che scendeva alle rovine di una chiesetta e poi si perdeva nella pianura sabbiosa e nei giuncheti, non si vedeva nessuno.
La vecchia però non s’inquietava: provviste ne aveva ancora, e del resto non si curava.
Aveva già fatto colazione con caffè e pane d’orzo, e il sole tiepido di ottobre le scaldava i piedi e le mani: si sentiva quindi felice, tranquilla come le pietre giù della china.
Quel giorno la terra godeva, cosa insolita in quei paesi laggiù, ove anche la primavera e l’estate son tristi, quando il fiume senz’argini è per la pianura un amante crudele che la feconda e poi l’annega, e il sole è un padrone implacabile che la tiene schiava e alla notte le dà una guardiana più feroce di Iui, la febbre. Ma l’autunno stendeva i suoi veli azzurri sui monti della Baronìa, e giù nella pianura, lungo i giuncheti, le tamerici dorate crepitavano come fiamme, animate da stormi di beccacce.
Finalmente una donna apparve sul sentiero, arrivò ansando, depose un cestino davanti alla vecchia e vi si accovacciò accanto, nera e bianca, tremante. Dall’apertura del fazzoletto nero