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26 | le tredici uova |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Chiaroscuro.djvu{{padleft:32|3|0]] tivi pensieri, perchè è appunto nella solitudine che il demonio ci punge come il contadino punge i buoi sonnolenti per farli camminare.
E Maureddu si rimise di nuovo in cammino: era una bella mattina di dicembre: vapori azzurri come veli staccatisi dal cielo coprivano le lontananze; ma fin dove l’occhio poteva distinguer le pietre e i macigni, questi apparivano nitidi, come lustrati; ogni filo d’erba aveva una perla di rugiada, e sulle quercie nere le foglie gialle scintillavano come monete d’oro.
A gran distanza, nel sentiero della vallata, Maureddu distinse un uomo a cavallo, col cappuccio in testa e l’archibugio sulle spalle, e riconobbe il suo amico Juanne Zichina che si recava a Nuoro per la solita lite. Maureddu non si fermò, ma a poco a poco Juanne Zichina lo raggiunse, e assieme fecero il resto della strada. L’uomo a cavallo cominciò a parlare della sua lite, chiamando suo fratello «nuovo Caino» perchè s’era impadronito di una lista di terra in una tanca di comune proprietà; e l’uomo a piedi ascoltava torvo, sollevando di tanto in tanto gli occhi ironici e minacciosi.
Juanne Zichina era un bellissimo uomo sui cinquant’anni, alto, colorito in viso, con la lunga barba nera e gli occhi e i denti scintillanti, dritto sul suo cavallo, con la cartucciera alla cintura e gli speroni sulle ghette.
Accanto a lui Maureddu si sentiva piccolo