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ultime avventure di giaffà | 53 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Giaffà, Sandron, 1931.djvu{{padleft:59|3|0]] — Quanto è il trasporto?
Il facchino sudato e ansante, curvo sotto quel grande peso rispose:
— Trenta monete, signore. È la tariffa.
— Va bene. Tientele.
— Ma il ritorno, per Fo e Confucio, chi me lo paga?! — gridò il facchino.
Allora Giaffà non perse quel suo strano spirito: si caricò le trenta monetone sulla schiena, accompagnò il facchino sino al punto dove l’aveva ingaggiato, e gli disse:
— Trenta monete, signore. È la tariffa. —
Il facchino fuggi pregando gli Dei di non fargli piú incontrare un cliente simile.
Giaffà mangiò abbondantemente in una trattoria: carne di cane, code di lucertole, spine di fichi d’india: vivanda rarissima e costosissima quest’ultima. Poi con le monete che gli erano rimaste andò a giocare a piastrella con i primi ragazzi che ebbe l’occasione d’incontrare. Naturalmente lo truffarono e gli portarono via tutto il denaro: allora sempre piú stanco andò a dormire in un prato verde e vermiglio. Quando si destò vide una curiosa compagnia di uomini bianchi, gravi, che parlavano in una lingua dolcissima: seppe che