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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - I giuochi della vita.djvu{{padleft:13|3|0]]meno fieramente il padrone. — Nasconditi tu, se vuoi!

— Non c’è ragione perchè io debba nascondermi, Larentu Verre!

— E neppur io!

Intanto Millèna aveva ritirato il pane col lardo sull’orlo del forno, e dopo averci soffiato sopra per toglier la cenere, veniva anche essa a vedere.

— Cosa è? chi è? — domandò, guardando fuori. E tosto si turbò.

Vedeva una donna e un fanciullo venire alla volta dello stazzo, attraverso il sentiero tracciato tra il verde tenero della pianura: la donna indossava un costume povero, di panno scuro, il fanciullo un modesto vestitino di fustagno.

Millèna riconobbe tosto nella donna una povera parente di suo marito, che undici o dodici anni prima era stata serva nello stazzo, e aveva avuto un figlio da Larentu Verre. Tutti sapevano che solo per le istigazioni e i pettegolezzi di zia Coanna, che da quarant’anni dominava nello stazzo, il padrone, non più giovane, non aveva sposato Andreana Verre. E pei maneggi di zia Coanna, egli aveva invece tolto in moglie una parente della vecchia serva, di vent’anni più giovane di lui.

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