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i giuochi della vita 171

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - I giuochi della vita.djvu{{padleft:179|3|0]] Il rumore incessante delle carrozze arrivava come lo scroscio lontano di un torrente.

Al romorìo delle carrozze ed al canto degli uccelli fondevasi un timido lamento di violino, proveniente dalle due camere attigue, subaffittate ad un signore straniero.

Carina stette ad ascoltare: vedeva gli alberi gialli dei sottostanti giardini, quieti e roridi nel mattino autunnale, e le allodole e gli uccellini bagnati dalla rugiada delle foglie. L’allodola doveva aver freddo, forse anche fame, eppure il suo grido era allegro e infondeva letizia.

Ella ripensò al plico buttato sul tavolino, e rassomigliò il suo lavoro al canto degli uccelli. Era una storia lieta, tutta di felicità, fresca e soave come il titolo che l’adornava. Chi l’avrebbe letta avrebbe provato la sensazione di gioia che desta il canto degli uccelli; mentre, come gli uccelli al sopraggiungere dell’inverno, che l’aveva scritta soffrirebbe il freddo e, chissà, forse anche la fame.

Carina non si creava illusioni, sebbene affermasse il contrario. Lo stipendio di Goulliau non poteva bastare oltre: di giorno in giorno tutte le cose più necessarie alla vita diventavano più care; l’anno santo gettava su

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