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i giuochi della vita 203

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - I giuochi della vita.djvu{{padleft:211|3|0]] quindi capirono subito che l’amico parlava sul serio.

— Fammi il piacere di parlare di cose più allegre, — impose Goulliau irritato.

Allora Calzi sollevò il viso, si rimise il monocolo, accavalcò le gambe e cominciò a cantarellare: ad un tratto si alzò, porse un dito che i Goulliau toccarono freddamente, e se ne andò.

Carina guardava la folla, e mentre osservava i vestiti delle donne, i bimbi, un cane elegante che un giovinotto dai baffi dritti e dal soprabito inverisimilmente largo conduceva attorno, le signore che posavano sulle carrozze ferme, gli uomini che le osservavano, pensava a qualche cosa di vago, di indistinto, ma molesto, ma doloroso, come la prima nebulosa idea d’un delitto. Poi guardava il lento e violaceo spegnersi del tramonto, e le pareva che qualche cosa si spegnesse così, melanconicamente, entro di lei.

Goulliau si alzò e le porse la mano. Ella prese la cara mano fedele, e così uniti come due bambini, s’avviarono, sommersi nel fiume della folla che se ne andava.

Al di là della rada siepe rossastra degli alberi spogli, sull’orizzonte violaceo, le lunghe

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