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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu{{padleft:137|3|0]]moglie sono preoccupati; ma già è un buon segno che la pioggia sia cessata, e che un provvidenziale vento di tramontana sibili acuto, lottando strenuamente con l’acqua subdola, e respingendola col suo impeto e i suoi fischi di cacciatore. Caccia via anche le nuvole; e d’un tratto il cielo appare grande e limpido, con la luna verginale che adesso tenta di dare un riflesso di metallo alle onde del fiume, simili a un gregge che il pastore spinge di furia: la tranquillità torna anche nelle anime nostre; anzi il vecchio mi fa l’occhiello e tenta di imitare il mio accento:
— Vedete? Vedete che...
Vado dunque a visitare il parroco, sebbene lo sappia ancora sofferente, costretto a stare a letto dalla nipote e da padre Leone.
È questo padre Leone che mi viene incontro; è davvero una figura mosaica; robusto e nello stesso tempo agile, coi capelli e la barba rossi, ardenti, smorzati un poco dal pallore della pelle lentigginosa: il naso è leonino, ma gli occhi sono miti, quasi bianchi, illuminati per riflesso dagli occhiali d’oro: molto oro è anche dentro la sua bocca, poiché si sono ricoperti anche i denti canini, e la sua voce pare ne prenda il