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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu{{padleft:160|3|0]]visita al convento. Don Achille si scosta il fazzoletto dalla fronte e apre inquieto gli occhi: capisco che egli è geloso delle suore, e per rassicurarlo dichiaro francamente che non intendo inframmettermi nei loro affari: troppo ci sarebbe da pensare. A sua volta padre Leone si oscura in viso: se la prende con Agar, che tarda a venire, e va di nuovo a chiamarla.
Allora don Achille tira fuori, rapidamente, dal groviglio delle coperte, la sua manaccia calda e rossa e me la porge mormorando:
— Lei è un gran bravo uomo; — e fa appena in tempo a ricoprirsi, mentre, invece di Agar, entra col vassoio del caffè una vecchia contadina che ha una straordinaria rassomiglianza con la domestica di Antioco: gli stessi occhi buoni e carezzevoli, lo stesso fazzoletto legato sulla nuca.
— È la nostra governante e ortolana, – dice padre Leone.
— Si rassomiglia alla Francesca dell’ex podestà.
— Sono la sua mamma, — ella risponde, fredda; e uscita lei il frate mi spiega, con segreto e con malizia:
— La nostra buona vecchietta non ama le si parli della figlia, perché la Francesca, brava donna, non si nega, ma leggerina e testa calda, dicono sia l’amica del padrone: e il bambino loro figlio.