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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu{{padleft:268|3|0]]guardando la signora, come per chiederne l’approvazione, raccontò con calma:

— Quest’ingegnere Franci ha fatto ultimamente una curiosissima eredità: ha cioè ereditato più di un milione, dalla giovane moglie, con l’obbligo di costruire, con la somma non spettante a lui per legittima, qualche opera di pubblica utilità, nel nostro paesello, che è pure stato il luogo natìo della povera signora. Egli ha quindi dapprima tentato di costruire un argine, per un tratto della fiumana indiavolata che passa davanti al paese ed è la rovina dei nostri contadini, ma il Ministero ha respinto il progetto: adesso il Franci pare voglia restaurare la chiesa, veramente opera d’arte, ma ridotta quasi ad un rudero. La sua fissazione è però sempre l’argine, anche perché questo, a quanto si dice, era il desiderio della moglie.

— Un momento, — disse il gobbo, preso subito d’interessamento e di viva curiosità: — ma il testamento è poi valido?

— Non so dirglielo: certo, però, nessuno lo ostacola.

— Non aveva altri eredi, la signora?

— Sì, c’è la famiglia: i nonni, i genitori; ma sono molto ricchi, e non vogliono contrariare la volontà della povera morta.

— Non basta: la legge, ed io me ne intendo, perché molte pratiche del genere sono passate

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