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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu{{padleft:294|3|0]]gliere, con regolare contratto, in una casetta colonica attigua alla villa del poggio, Paolo Maffei e la moglie: entrambi come mezzadri del podere e custodi della proprietà.
— E la ragazza? — domanda don Achille.
— La ragazza è sulle Alpi: è ricca, può spendere, può guarire.
Un rossore violaceo, come quello del tramonto, passa sul viso di Agar: piegata sul fuoco, ella fissa la brace e tace: ma al bussare che si fa alla porta, che la vecchia ha chiuso contro il vento, balza, e corre lei ad aprire.
Ella aspetta sempre, nonostante ogni sua disperazione: ma l’attesa, l’ansito verso un avvenimento nuovo, è lo stato naturale della giovinezza, e non della giovinezza soltanto.
È padre Leone, che ha i sandali pieni di foglie secche e nei capelli il colore rosso delle lontananze. Non ha paura di camminare per le strade ventose e solitarie, al buio, alla ventura. Si mette in piedi davanti al camino, dando le spalle al fuoco, e fruga dentro le maniche della sua tonaca, ha un colore e un odore di terriccio di castagno, e i suoi sandali fumano come debbano prendere fuoco. Dice:
— Ho camminato, sì. Sono stato dai Decobra; il malato va benino, e mi ha sempre parlato del signor Franco. La signora Dionisia è quasi gelosa.