< Pagina:Deledda - L'incendio nell'oliveto,1821.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

— 150 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - L'incendio nell'oliveto,1821.djvu{{padleft:158|3|0]]essersi abbassata a tanto: eppure lo ascoltava con la strana impressione di sentir dire davvero da lui le cose ch’ella stessa avrebbe detto.

— Ma io.... ma io.... — riprese, e tosto si lasciò di nuovo interrompere.

— Ma tu, ma tu? Che vuoi fare anche tu? Se non lo sai tu, quello da fare, come posso saperlo io? Tu farai il tuo dovere; questo mi vuoi dire. Ma qual è il tuo dovere? Startene lì nell’angolo ad occhi bassi rodendoti l’anima o guardare ancora quell’uomo e prendertelo, se fai ancora in tempo? Questo lo vedi tu, non devo dirtelo io.

— Juanniccu! — ella disse con voce stridente; e sollevò le mani come volesse graffiarlo; gli occhi le brillarono quasi feroci; poi d’un tratto abbassò e sbatto le palpebre, e le sue dita si rallentarono, le mani si abbandonarono sulle braccia di lui. E gli afferrò le maniche, come aveva fatto una notte la madre, quasi aggrappandosi a lui in cerca di aiuto.

Fu un momento grave. Juanniccu la vide abbassarsi, divenire più piccola, più debole di lui; sentiva sulle braccia le mani ardenti di lei; e quella pulsazione di vita, di dolore senza nome e senza fine,

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.