< Pagina:Deledda - L'incendio nell'oliveto,1821.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

— 168 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - L'incendio nell'oliveto,1821.djvu{{padleft:176|3|0]]beata morta, avrebbe detto: più presto è, meglio è. Ma il Signore le ha aperto la sua porta e siamo qui soli senza di lei. Ebbene, io dico di lasciar passare almeno mezzo anno di lutto, e poi far sposare questi ragazzi.

— Va bene, — disse la nonna, — se tu sei contento, Predu mio, contenti anche noi.

— Ma dove sono gli uomini? — domandò egli con un po’ d’impazienza. — Non sono mai a casa! Agostino dov’è?

Qui non vedo che questa cavalletta, — aggiunse accennando a Gavino. — Apri quell’uscio, cavalletta.

Gavino aprì l’uscio; e il fumo odoroso di salse e di zucchero bruciato penetrò nella stanza. Allora zio Predu vide, attraverso la porta spalancata della cucina, sporgenti dal sedile del portichetto, i piedi di Juanniccu.

— Chiama tuo zio, cavalletta: digli che venga subito qui! Gavino obbedì; e zio Juanniccu entrò. Sbarbato, pulito, sembrava un altro. Sedette al posto che Annarosa subito gli cedette, e parve ascoltare con grande attenzione una storia che zio Predu raccontava.

E si rivolgeva proprio a lui, zio Predu,

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.