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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - L'incendio nell'oliveto,1821.djvu{{padleft:25|3|0]]più contento ch’io abbia conosciuto. Non ha mai pianto.

Annarosa non replicò. Erano tutti abituati a quei sermoni; ne erano talmente imbevuti da non provarne più impressione e neppur noia.

D’altronde qualcuno entrava. Era la servetta di ritorno dall’oliveto ove era stata tutto il giorno a cogliere olive; e ne recava un cestino colmo sul capo. Annarosa le andò incontro e parve volesse dirle qualche cosa, mentre con le sue mani fini l’aiutava a mettere giù il cestino delle olive grosse e violette come prugne: poi chinò la testa pensierosa e tornò accanto al fuoco.

Anche la servetta si cacciò fin dentro il camino per scaldarsi: aveva le vesti così fredde e dure che parevano ghiacciate; e non poteva piegare le dita gonfie per i geloni, nè chiudere la bocca per le screpolature delle labbra; eppure si diede subito premura di allontanare dal fuoco il piede della vecchia padrona perchè la scarpa non si bruciasse, e appena potè riprendere respiro cominciò il resoconto della giornata.

— Oh, bisogna farvi sapere che ci sono dei ladri in giro, laggiù. S’è visto persino la traccia di zio Saba, quel vecchione che

    Deledda, L’incendio nell’oliveto. 2

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