< Pagina:Deledda - L'incendio nell'oliveto,1821.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

— 22 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - L'incendio nell'oliveto,1821.djvu{{padleft:30|3|0]]

— Dammi la canna: voglio scacciare le tue bugie. Gioele Sanna non è affatto in paese.

— Ed io ti dico che l’ho veduto; aveva il mantello gonfio così! — insisteva il ragazzo; e correva intorno zoppicando e scuotendo le braccia per accennare gli svolazzi del mantello; finchè Annarosa non gli corse dietro, e gli tolse la canna e il gabbano imponendogli di smetterla col suo cattivo scherzo. Poi, accorgendosi d’essere osservata dalla nonna, ella andò nella camera attigua.

E la nonna ricominciò a frugare nella cenere ricordando che questo Gioele Sanna aveva fino a poco tempo prima frequentata la casa, e tutti della famiglia, compresa la serva, si burlavano di lui dicendolo innamorato di Annarosa. Si burlavano di lui perchè oltre all’avere un lieve difetto a un piede, era un ragazzo povero e di bassa gente.

Il nonno materno era appunto quel vecchio contadino zio Saba, che aveva perduto una gamba in Crimea, ma era anche reduce di qualche antica condanna per furto.

I ragazzi si burlavano di Gioele anche perchè dicevano che aveva ereditato la zoppaggine del nonno.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.