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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Le colpe altrui.djvu{{padleft:126|3|0]]ansia, e ogni tanto andava dietro la siepe spiando se passava Andrea, e desiderava e aveva paura di vederlo. No, no, a nessun costo ella avrebbe abbandonato Mikali; a nessun costo voleva tornare in casa Zanche; sveniva di terrore pensando a suo marito e il ricordo di lui, a volte, si confondeva nella sua memoria come quello dell’Orco, dei Dragoni e degli altri esseri terribili dell’età infantile. Da anni ed anni non si azzardava a passare il confine dei campi Zoncheddu per timore d’incontrarlo: e anche di Andrea aveva adesso paura. Ma dopo quella notte egli non era più tornato, e Mikali da due giorni non parlava più di lui; quando tornava coi puledri non gridava più come prima per far scostare i ragazzi, più ragazzo di loro.

Ed ecco adesso che torna stravolto, come scampato da un pericolo di morte... Legò il cavallo, s’accostò, si curvò a prendere una fava dal grembo di lei, e tosto la lasciò cadere.

— Madre, non sapete niente?

Ella sollevò gli occhi già pieni di spavento.

— Non è passata di qui, zia Andriana? Veniva dallo stazzo... andava da Vittoria... andava per dirle che Andrea... è stato ferito...

La madre balzò, lasciandosi cadere sui piedi le fave: ma subito ricadde a sedere appoggiando forte le mani alla pietra del limitare perchè le sembrava di sprofondare.

— È morto? Mikali! L’hai ucciso tu?

Al suo grido le donne e i fanciulli dello stazzo corsero e le si aggrupparono attorno; un fugace rossore aveva schiarito il volto di Mikali.

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