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Egli se ne andò; non aveva nulla da dire, e oramai sapeva dove andare. Da lui. Nello stradone incontrò il servetto di Vittoria e la gobbina che correvano a prendere notizie.

— Vittoria sembra pazza; se non muore è miracolo. Signore, Signore, che cosa è accaduto! Che danno, che danno! Corri a confortarla.

Grave e fermo come si conviene ad un uomo forte, egli rispose deviando il discorso:

— Ritorno dallo stazzo di mio padre. Il pastore ha portato la notizia alle cinque, ma la disgrazia è accaduta stamattina.

— Tu sei stato là? Ah, tu sei... tu sei stato là? — cominciò a gridare la donnina, ma il ragazzo la urtò.

— E se è stato? Non è casa sua?

Mikali lo guardò approvandolo, e proseguì la strada.

— Vittoria sembra folle — pensava; — adesso ne farà del piangere! Le donne, quando cominciano, con le lagrime, non la finiscono mai.

E camminava dritto, ma sentiva chiaro che se non andava da Vittoria era per un certo senso di terrore. Aveva paura delle lagrime di lei.

Ritornò da sua madre; là almeno sapeva cosa dire. Ella stava di nuovo seduta sul limitare della porta, coi gomiti sulle ginocchia e il viso sul dorso delle mani ripiegate, e si dondolava in avanti e indietro gemendo una nenia insensata.

— Andrea, piccolo Andrea, figlio mio, figlio

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