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X.


Due giorni dopo, il sabato, Pancraziu salì al convento per dire a frate Zironi che Bakis Zanche, riassalito da violenti coliche epatiche, stava molto male e desiderava di nuovo confessarsi.

Ma anche il frate aveva una brutta ciera. Sapeva della morte di Andrea e una pena forte lo tormentava. Seguì silenzioso il servo e silenzioso ascoltò il racconto degli avvenimenti di quei due giorni di dolore.

— Dapprima il vecchio pareva tranquillo. Tornò a casa, dopo aver accompagnato il morto al camposanto, e sedette sulla panca di cucina in mezzo ai parenti che erano accorsi tutti come mosche al miele. Le donne, si sa, cantavano le nenie funebri: c’erano tutte, persino zia Pietrina. Vittoria no, la misera, perchè stava male, aveva le convulsioni. Zio Bakis, tranquillo, non rispondeva alle parole di conforto dei parenti e dei conoscenti; pareva forte come Sansone; ma verso l’alba, ieri mattina, cominciò a urlare: tutti accorremmo, col pelo irto così, tanto i suoi urli erano terribili; però io non credo fosse tutto il male del ventre, a farlo gridare; era il dolore che si sfogava. Mi ammazzino, io non ho mai veduto un uomo così tormentato; e non voleva nessuno, e per mandarci via agitava le mani, come ali di aquila

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