Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 211 — |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Le colpe altrui.djvu{{padleft:219|3|0]]Ed io ti risponderò: prima che servi e padroni, siamo tutti cristiani figli di Dio e possiamo scherzare nell’ora dell’allegria e parlare bene e parlare male, ma all’occorrenza ajutarci gli uni con gli altri.
— Va bene, sembri frate Zironi. Dimmi però di che si tratta. Sì, io sposerò Mikali Zanche.
— Fai bene; è un bravo giovine. Ed io vorrei sposare Ignazia e portarla via di qui.
— E chi te lo impedisce? — domandò Vittoria sorpresa.
— Nessuno. Solo vorrei che tu ci dessi egualmente da lavorare. Io posso stare qui al tuo servizio, se tu conservi la tua buona grazia, ma la donna no: tu sai perchè.
— No, ti assicuro, non so il perchè.
— Ebbene, perchè Ignazia e Mikali hanno avuto relazione amorosa.
— Egli non la guarderà più, di certo — disse Vittoria con disprezzo; ma Pancraziu sorrideva maligno.
— Tu sei buona, Vittoria, sei troppo buona, sei innocente come il pulcino dentro il guscio. Non conosci gli uomini, tu! Basta, ecco cosa volevo dirti. Il tuo predio di Santa Maria a Mare è in mani di gente che non lo coltiva più. Tu potresti darmelo a mezzadria e Ignazia potrebbe venire laggiù con me.
— Lasciami pensare, ti saprò dare una risposta — disse Vittoria, e ritornata nella sua camera cominciò a turbarsi per il sorriso e le parole di lui.
«Tu sei buona, Vittoria, sei troppo buona,