< Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

— 307 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Le colpe altrui.djvu{{padleft:315|3|0]]in verità mia: taci come un santo di legno. Altre volte non eri così...

Vittoria taceva e affrettava il passo; e le pareva di essere leggera come una piuma e che le parole della donnina si sperdessero in aria col sussurro del vento.

*

Rientrando, trovò frate Zironi seduto sulla panca di cucina, pallido, raggrinzito tutto come una foglia secca, con gli occhi dolci infossati.

— Ebbene, che nuove, para?

— Nuove vecchie: è caduto il tetto del refettorio, e lo speculatore ha ordinato il taglio del bosco; ma di lassù non mi snidano, ti dico; finchè rimarrà una grotta, frate Zironi resterà lassù.

— Ma perchè non vi ritirate in qualche altro convento? Dio è lo stesso in ogni luogo.

— Dio sì, ma noi no!

Ella andò a cambiarsi il vestito e sentì zia Sirena che la chiamava dalla sua camera.

— Prima di andartene a letto vieni, chè voglio dirti una cosa, palma d’oro, poi reciteremo tutte assieme il rosario.

— Mikali è uscito?

— Non l’ho veduto neppure! È rientrato? Che c’è di nuovo?

La vecchia non volle dirle altro, ma la spiegazione gliela diede frate Zironi appena ella rientrò in cucina.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.