< Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

— 41 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Le colpe altrui.djvu{{padleft:49|3|0]]canto a lei si sentì quasi alto e potente come suo padre.

L’allontanò, tenendola per le braccia, la esaminò da capo a piedi, tenero e corrucciato.

— Ebbene, che mi dite? Perchè siete così?

— Come, così?

— Malandata in salute, mi sembra! Siete stata male? Che fate adesso? Li avete lavati voi, i panni? Non voglio, lo sapete. E Mikali, dov’è?

Ella si accomodava il fazzoletto intorno al viso con le mani tremanti e non riusciva a parlare.

— Mikali? È andato a domare un puledro... Tu stai bene, vero, cuore mio? La vita militare ti fa bene... Sei grasso...

— Ah, molto! — egli esclamò ridendo e palpandosi le braccia scarne: ed ella lo guardava triste, coi grandi occhi neri cerchiati da due anelli lividi.

— Ma, davvero, siete stata malata? Che c’è, ditemi? Ditemi, mamma...

— Lo sai: tuo padre sta male. Da ieri ti aspetta e non ha pace, così mi han detto. Va, figlio. Egli è solo.

— Ha voluto lui, viver solo! — disse Andrea rudemente, poi si frugò le tasche. — Ah, ecco, mamma! È benedetto dal Pontefice.

Trasse un piccolo rosario nero con la crocetta di metallo e glielo versò piano piano sulla mano come ad una bambina. Ella lo guardava felice, il piccolo rosario che aveva desiderato tanto; poi sollevò la testa e sorrise, ma con gli occhi pieni di lagrime.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.