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IV.


Andrea la prese per il braccio e la condusse nell’orto. Sedettero all’ombra di un susino fiorito, su un asse accanto ai vasi di sughero di un piccolo alveare: intorno a loro le farfalle e le api si incrociavano posandosi le une sui fiori dei piselli a cui rassomigliavano, le altre sui cespugli di melissa al di là del muricciuolo dell’orto, nella brughiera: e l’aria ferma piena di profumi aveva una dolcezza sonnolenta di oblio e di voluttà. Andrea cinse le spalle di Vittoria attirandola con violenza al suo petto, e sebbene la sentisse resistergli e sfuggirlo la baciò sulla bocca.

Ma gli occhi di lei si riempirono d’angoscia e le sue lagrime calde e amare bagnarono le labbra di Andrea.

— Ecco, ella pensava, adesso non posso più dirgli nulla.

— Perchè piangi? — egli chiese stravolto.

— Non lo so, Andrea! Perchè tuo padre è malato... e non dovremmo baciarci...

Egli parve convinto: le prese la mano e fissò senza vederlo un anellino d’argento ch’ella a sua volta guardava con inquietudine.

— Ascoltami, Vittoria. Ti ho fatto venire perchè voglio parlarti. Fin da ragazzetto il mio posto favorito era questo. Mi sdraiavo su quest’asse e rimanevo ore e ore e nessuno veniva a

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