< Pagina:Deledda - Le tentazioni.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

le tentazioni 165

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Le tentazioni.djvu{{padleft:171|3|0]] Le sue rive bianche, sabbiose, erano invase da mentastri fioriti di violetto, e da veri boschetti di sambuchi e d’oleandri altissimi, fioriti i primi di ombrelle gialle, i secondi di mazzi enormi di rose, che si diramavano fino alle capanne e alle mandrie dell’ovile. Ad est, dietro un alto muro di cinta, annerito e cadente, fra una vigna distrutta e un oliveto inselvatichito, sorgeva una vecchia villa di mattoni, con a lato un campanile rovinato. In questa villa viveva tutto l’anno un servo del giovine cavaliere del Marghìne, che con la scusa di sorvegliare la tenuta e le tancas, ove pascolavano anche molti cavalli e puledri del padrone, non faceva nulla e rubava a man salva. Come usava ogni anno, Antine, per bontà del padrone col quale da bimbi erano stati amiconi e s’erano più di tre volte bastonati, doveva abitare una cameraccia della villa.

Le vacche fulve e rosse, e bianche macchiate di nero, e i cavalli neri e bai, dal pelame lucente sulle groppe poderose, pascolavano tranquilli fra le stoppie; un puledro bianco nitriva abbeverandosi nel fiume e grattandosi i fianchi in un oleandro. Un alito fresco,

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.