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12 g. deledda

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Tutti e quattro, zii e nipotine, biondi e magri, chi con gli occhi grigi, chi con gli occhi neri, erano la disperazione della casa; stavano tutto il santo giorno a correre nel grande orto attiguo, gridando a squarciagola; arrampicandosi sui meli, sugli alti e snelli susini e persino sui pali del pergolato; incidendo nomi, date, geroglifici e parole insolenti sulle grandi e pallide foglie carnose dei fichi d’India, fabbricando case e giardini e castelli e stabilimenti interi, coi molini, i pozzi, ferrovie e i relativi ponti, fabbriche di terra.... cruda, teatri, caserme, e persino prigioni di sassi e di rami, ove si rinchiudevano a vicenda.

Avevano a lor disposizione corni da caccia, trombe, carri di ferula, buoi e cavalli di canna, fucili e rivoltelle della stessa materia, casseruole e mestole, e infine un bagaglio innominabile, nascosto pei buchi del muro, sugli alberi, sotto terra, da per tutto.

Persino Chichita, alta due palmi, ancora balbuziente e con le gambette storte sempre ignude e rosse di freddo, perchè le calzette invece della lor giusta missione compivano quella di copri-scarpe, pigliava parte a tutte le scorrerie

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