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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Le tentazioni.djvu{{padleft:180|3|0]] sempre più di animo cattivo. Dio lo salvi: non dar retta ai suoi discorsi.

— Cosa potrà dirmi? — chiese Antine sprezzante, con gli occhi smarriti nel buio. — Egli non potrà dirmi nulla: e se mi parlerà lo lascerò cantare. Lo so, sì, cosa è quell’uomo lì. Quando ero fanciullo mi mandava in cerca di bacche d’elleboro per far magie.

— Il Signore ci liberi. Lasciarlo cantare no, questo è un atto di superbia, perchè infine, figlio mio, ti devi ricordare che sei figlio di un pastore; rispondigli, sì, ma non dar retta ai suoi discorsi. Non andar in cerca di bacche, figlio mio.

— Come siete semplice! — gridò Antine, e il suo riso nasale, ma ancor fresco, vibrò fra lo stridio dei grilli.

Arrivarono alla casa: la porta della cucina era illuminata, e s’udiva un martellar di pietra, secco, continuo. Era zio Pera che sgusciava delle mandorle, percuotendole ad una ad una con una pietra. Il guscio cenerognolo s’apriva; e le mandorle rossastre, un po’ umide, saltavan fuori. Ce n’era già un bel mucchio.

Udendo arrivar il seminarista, zio Pera s’alzò

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