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192 | g. deledda |
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— Sicuro, sono ubbriaco! Cosa vuoi dire con ciò? Che non sono il padrone forse?
— Non dico questo....
— E allora cosa dici tu, pretino bavoso, ubbriacone? Sono sì o no io il padrone? Chi sono io, rispondi?
— Sì, tu sei il padrone, — disse l’altro timidamente. Aveva paura che don Elias scacciasse zio Felix.
— Ebbene, se sono il padrone rimani con me, qui. Andremo domattina assieme. Tuo padre non solleverà neppur l’arco delle sopracciglia.
— Tu verrai con me?
— Sì; verrò con te. Verrò perchè dovevo venirci, perchè so che tutti laggiù mi rubate. È tempo che dia attenzione alle cose mie.
— Tu verrai con me? — ripeteva Antine imbambolito. — Perchè verrai?
— Non te lo sto dicendo? Sei sordo? Verrò perchè così mi piace, non per far piacere a te. Io sono un cavaliere, e tu, cosa sei tu? Un uomo che si fa prete!
Sebbene ubbriaco, Antine arrossì ancora, nuovamente provando la strana impressione sofferta la mattina.