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220 | g. deledda |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Le tentazioni.djvu{{padleft:226|3|0]] urlò Antine paonazzo. — Uscitemi di tra i piedi, andate al diavolo, altrimenti non rispondo di me stesso.
— Vedi, bellino, è inutile arrabbiarti. Invece di rallegrarti! Antonio Francesco è disposto però a darti di più, purchè non la sciolga, piccola faina.
— Andatevene dunque! — gridò l’altro, con gli occhi verdi d’ira, afferrando ciecamente un libro.
Zio Pera se n’andò; e pensava:
— Quel ragazzo non ha la testa a posto. Vedrete che prete non si farà, no, no, no. Lo so io: è uno sciocco. Suo padre è astuto, che una palla gli trapassi il garretto, è astuto come una vecchia volpe, ma quello che sogna non gli riuscirà.
Durante il viaggio e nel suo paese, Antine s’informò prudentemente se davvero il nemico di Antonio Francesco era malato. Pareva di sì, tutti almeno l’affermavano. Antine ne restò sorpreso, addolorato; e solo dopo molti anni seppe che il nemico, avendo saputo che Anton Francesco lo aveva fatto toccar a libro, s’era finto ammalato per sfuggire le altre vendette del bandito.