Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
228 | g. deledda |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Le tentazioni.djvu{{padleft:234|3|0]] le membra gli tremavano d’ira, ma aveva la forza di dominarsi, e taceva e s’allontanava singhiozzando senza lagrimare. Antine scrisse ancora. Zio Felix, che attendeva quella lettera con una stolta speranza in cuore, se la fece leggere; ma Antine diceva esser contento della sua nuova vita; studiava e chiedeva nuovamente perdono.
Anche questa lettera fu sbranata, e poi un’altra e poi un’altra ancora. Allora egli non scrisse più.
Zio Felix sentì che suo figlio era completamente perduto per lui, e si trovò più che mai infelice.
Fece un pellegrinaggio, scalzo e a testa nuda, fino alla chiesetta di San Costantino, sita sui monti ove la sera il sole spariva come un enorme diamante.
— San Costantino, ridonatemi pace. Io sono un gran peccatore: pregate per me presso il trono del Signore. Strappatemi dal cuore questa spina: verrò ogni anno scalzo, a testa nuda, trascinando la lingua per terra.
Salì tre volte la chiesa trascinandosi sui ginocchi: il piccolo San Costantino, bruno e con