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232 g. deledda

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“Ho preso la ferma per cinque anni, — diceva, — e così diventerò sergente o furiere, e poi, se non mi piacerà seguir la carriera, avrò un posto governativo. È una cosa modesta.... e non è questo che io sognavo, ma ad ogni modo sono contento d’aver deciso il mio destino.

“Addio, caro padre, voi non mi volete perdonare, ma io ho già scontato il dolore che vi ho dato, e non mi stanco di chiedere il vostro perdono.„

Tutto oramai era perduto, senza alcuna speranza.

Zio Felix non disse nulla, ma sollevò sulla fronte gli occhiali, e stette a guardar la lettera coi piccoli occhi rossi che sembravano di vetro.

E il tempo continuò a passare. Antine scriveva di tanto in tanto: le sue lettere si facevano sempre più tristi, quasi disperate. Egli sentiva la nostalgia della patria e della dolce vita passata: era venuto il tempo presentito negli ultimi giorni passati nella tanca. Ma giammai accennava a pentirsi, a ritornare sui suoi passi: anzi desiderava ardentemente terminar la ferma per incominciarne un’altra, e

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