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252 | g. deledda |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Le tentazioni.djvu{{padleft:258|3|0]] pietra s’era coperto di cespugli fioriti, di rose canine, di asfodelo lucente. Le macchie di ginestra sembravano, da lontano, fuochi un po’ pallidi al sole. E il cielo, in alto, sopra le immani roccie macchiate di verde, era puro come l’acqua, e i golfi lontani e le montagne lontane apparivano e lucevano come madreperla.
La festa nuziale, a quell’altezza, in quello splendore di primavera, fu solenne. Fu arrostito un porco intero, e zio Sidru si mise la maschera e s’avvolse il collo e le mani in istracci per estrarre il miele dagli alveari. Le api ronzavano al sole; il cane abbajava contro qualche vespa che gli pungeva le orecchie. Nella sua felicità, Sidra ogni tanto volgeva al padre un timido sguardo, ma il pastore non le badava.
Boele cantò e ubbriacò mortalmente, e poi, meno male, s’addormentò. Sidra guardava rossa e confusa il volto impassibile di suo padre; ma il padre non le badava.
Al ritorno, a tarda sera, ella disse allo sposo, che camminava ancora barcollante e pallido:
— Cattivo, hai fatto male a fare quello che