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258 | g. deledda |
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Entrò, si lasciò cadere per terra, gemendo come una bestia presso a morire.
— Ammazzatemi, — diceva, stendendo le braccia al suolo, — fatemi a pezzi; sono un miserabile, un vile: ho bevuto fino all’ultimo centesimo, il mio e il vostro, tutto, tutto. Ammazzatemi, padre Sidru, spalancate la mano, immergetemi la lesina nella nuca. Uccidetemi ora, ora.... in questo momento; altrimenti farò peggio.
Zio Sidru lo guardò dall’alto, ritto, sprezzante, e disse una sola parola:
— Immondezza! — poi uscì.
Sidra si mise a piangere sulla rovina dei suoi sogni.
Boele, bocca a terra, con le braccia aperte, continuò a delirare; a poco a poco le sue parole e i suoi gemiti si confusero, finirono in un rantolo, ed egli s’addormentò d’un sonno febbrile.
Allora Sidra s’alzò e gli frugò le tasche e il petto; non c’era un centesimo. Gli toccò la fronte che scottava, gli mise un sacco sotto il capo, e continuò a piangere.
L’indomani Boele, che aveva la febbre, prese