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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu{{padleft:170|3|0]]prima volta. Alla linea verdastra del mare lievemente mosso s’univa la linea color lilla dell’orizzonte, e l’albero delle paranze pareva toccasse il cielo: le onde laggiù erano eguali, tutte d’un colore lividognolo, ma arrivate verso la spiaggia si dividevano e si slanciavano le une sulle altre, feline e feroci. Alcune si spingevano fin sui banchi di sabbia e di alghe, avanzandosi verso la terra con insistenza nemica; altro si spandevano con una certa grazia, come veli scintillanti, e altre ancora si ritiravano appena toccata la sabbia, e pareva avessero fretta di tornarsene indietro. Ma giù lungo la linea degli scogli tutte saltavano di continuo, senza tregua, con agilità feroce, e poichè il vento taceva parevano agitate da una forza interna, come cosa viva. Gli scogli brillavano come il cristallo, e alcuni, alti e concavi, davan l’idea di enormi coppe colme di vino spumante.

Piero Guidi provava una gioia infantile nel seguire il gioco delle onde: il paesaggio gli sembrava coperto da un velo iridato, oro verde e viola, e il profumo delle alghe calde su cui giaceva gli ricordava cose tenere, lontane.

La città, la monotonia dei suoi giorni, talvolta agitati, talvolta calmi, sempre eguali però, simili a quelle onde che lo divertivano appunto perchè gli apparivano come il gioco della vita, tutto gli sembrava lontano, facile a dimenticarsi. Ecco, bastava restar lì e non muoversi più, per

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