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Finalmente, mentre Lia andava imbarazzata dall’uscio allo scrittoio e da questo alla finestra, disse piano come fra sé:

— Lo sa che è qui, a Roma?

Lia si fermò davanti ai vetri e non si volse, non si mosse più. Le pareva che un gelo mortale la invadesse tutta, pietrificandola. Qualcosa di funesto doveva succedere: l’avvenimento preveduto fin dal primo momento in cui egli l’aveva guardata con occhi d’amore, e che invano ella aveva cercato di evitare.

— Essa è a Roma, Lia, essa è a Roma! — ripetè l’uomo, alzando la voce e chiamandola per la prima volta col solo suo nome. Pareva le chiedesse aiuto; e Lia sentì riempirsele gli occhi di lagrime. Ma non si mosse, non si volse.

— Lia, lo sa di chi parlo?

— Lo so.

— Come lo sapeva?

— Certe cose si sanno sempre.

— Si sanno, si sanno! — egli ammise, e nascose di nuovo il viso, e parve curvarsi, piegarsi su sè stesso come sotto il peso di un dolore vergognoso. — Tutti lo sanno! Anche lei! E lei taceva!

— Perchè taceva lei!

— Io tacevo perchè a lei non importa nulla di me. Nulla!

— Oh, questo non lo dica!

— Dunque le dispiace?

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