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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu{{padleft:259|3|0]]mai veduto un simile spettacolo e credeva che si piangesse solo di rabbia o di pietà.
— Ella ricorda ancora il suo passato, — disse tra sè, appunto perchè egli, in quel momento, si sentiva ancora avvinto al suo. — Bisogna aspettare.
— Si calmi. Pensi che lei è libera, mentre io non lo sono più. Basta, basta: sono stanco di soffrire e di veder soffrire. Andiamo un po’ fuori, piuttosto, — aggiunse alzandosi, — qui si soffoca, e la notte è così bella. Andiamo, venga....
Lia indietreggiava sempre. All’improvviso cessò di piangere, non solo, ma si mise a ridere, tanto l’idea di andar a passeggio con lui le parve puerile.
— E i bambini? Li lascio soli?
Andò a guardarli e non tornò più; ma si affacciò di nuovo alla finestra e sentiva le ginocchia tremare.
Questa fiacchezza non la abbandonò per molti giorni. Ella la attribuiva al caldo improvviso, ai venti di maggio carichi di essenze e di ardori: ma in fondo non s’ingannava: era la primavera del suo amore che passava....
L’idea fissa di mandar via di casa Piero tornò a turbarla. Ma come? Aveva paura di dirglielo e di sembrargli ridicola.
Tutto di nuovo le apparve difficile: le inquietudini per l’avvenire la ripresero.
Di notte non dormiva, fantasmi strani la cir-