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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu{{padleft:260|3|0]]condavano, vaghi e cangianti come nuvole in un giorno burrascoso; il minimo lamento dei bimbi la faceva tremare.
A questa tensione nervosa contribuiva l’eccesso del lavoro. Ella faceva tornar presto a casa i bimbi, nel pomeriggio, per poter copiare a macchina fino al cader della sera, e diceva puerilmente a Salvador:
— Bisogna ch’io guadagni.... ch’io guadagni molto per mandar via di casa gli estranei. Vivremo soli.....vivremo tranquilli.
Allora egli si rassegnava: col visetto appoggiato alla mano e il gomito al davanzale della finestra, guardava il cielo rosso del tramonto e fantasticava. Vedeva il mare, piroscafi, corazzate, velieri, e lunghe file di numeri e soldati che andavano alla guerra. Cristoforo Colombo, Giulio Cesare e Napoleone, Pinocchio e Tobiolo, elefanti e leoni popolavano la sua immaginazione, finchè il problema della rotazione della terra o quello del numero delle stelle non ne accresceva il subbuglio. Problemi minori seguivano.
— Mamma? Le lepri dormono con gli occhi aperti?
Alle sue domande si univano quelle di Nino, e la mamma, curva sulla sua macchina, rispondeva con voce stanca, lontana, finchè il cielo diventava tutto violetto ed ella si alzava e andava in cucina per preparare la cena.
Nino leccava un cucchiaio e domandava: