< Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

— 308 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu{{padleft:314|3|0]]

— Zia, ho detto la verità. Io non posso più vivere a Roma. Tutto vi è caro: la vita è difficile quasi come in una città assediata. Io lavoro per vivere, sì, bisogna che finalmente lo sappiate, lavoro per vivere, ma neppure così tiro avanti. Eppoi non contate le tentazioni? — aggiunse con un riso amaro. — La donna povera è sempre perseguitata dalle tentazioni, e gli scongiuri non valgono. Io non volevo lasciar Roma perchè questo era il desiderio del mio povero Justo, ma adesso... adesso.... bisogna che mi decida. Se egli è lassù e legge nella mia anima mi approverà....

Abbassò la testa, e si mise il dorso della mano sugli occhi, come un bambino che vuol nascondere il suo pianto. La zia Gaina la guardava, tragica e pietosa.

— Tuo zio aveva ragione di non acconsentire al tuo matrimonio con un uomo senza posto fisso....

Allora Lia sollevò fieramente la testa e ridiventò cupa e ironica.

— Egli dev’essere un santo se opera il miracolo di farvi parlar bene di lui!

— Rispetta i morti, consolazione mia: essi possono anche essere all’inferno, ma sono superiori a noi perchè sono nel mondo della verità e non mentiscono più, neppure volendolo. Noi invece viviamo di bugie. Tu, per esempio, tu non mi hai detto mai che lavoravi, che eri povera. Io

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.