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XIII.


Ei pare che gli antichi orefici avessero cognizione e facessero uso di agenti chimici e meccanici a noi del tutto sconosciuti, poichè essi aveano facoltà di separare e riunire l’oro in particelle quasi ad occhio nudo impercettibili, al che fare gli artefici moderni non sono ancor giunti. I fondenti che adoperavano ci son parimente ignoti, e la maniera di lor saldature e filiere, anco esaminando sottilmente quei lor finissimi lavori è per noi come dire, un problema. Gli ori etruschi dove son granaglie e filagrana, senza tener conto della eleganza nelle forme e della maestria nel cesellare, sol pel meccanico lavoro della mano ci costringono a confessare che gli antichi l’arte nostra conoscevano ed esercitavano assai meglio di noi.

Appresso gl’Indiani anche oggi sono degli artefici in oreficeria che di lor costume fan vita nomade, e portando seco ogni loro strumento, mettono officina dovunque sia porto ad essi lavoro e talora veggonsi accovacciati nella cucina o nel granaio di alcun ricco nabab dove con lunga pazienza, quale hanno da natura, adoperando un piccolo mantice e certi ferruzzi o cannuccie trasformano alquante monete d’oro o rupie, secondo patrie e vetuste tradizioni, in ornamenti cordellati e granulati i quali ricordano, sebben rozzi e non eleganti, le bellissime forme de’ gioielli antichi. L’orefice indiano ci fa dun-

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