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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Della compilazione d'un codice.djvu{{padleft:32|3|0]]Luigi XVI, emanati essendo ministri due uomini onore della Francia e della umanità.
Dopo queste nozioni generali, ecco le regole che devon dirigere la pratica.
1.° Bisogna, per quanto si può, evitare nella compilazione d’un codice l’uso di termini di diritto non familiari al popolo.
2.° Se è forza valersi di termini tennici, convien darsi cura di definirli nel codice stesso.
3° I termini della definizione devono esser parole conosciute ed usitate; o per lo meno la catena più o meno lunga delle definizioni deve costantemente finire con un anello in cui non vi sieno che parole di tal genere.
4.° Stesse idee, termini stessi. Non si faccia uso che d’una sola e medesima parola per esprimere una sola e medesima idea. Questo metodo contribuisce alla brevità, poichè la spiegazione d’un termine può servire una volta per sempre; ma la identità delle parole contribuisce alla chiarezza ancor più che alla brevità. Infatti se il discorso è dissimile, diviene un problema il sapere se si son volute esprimere le stesse idee; dove impiegando le medesime parole non può dubitarsi che il pensiero non sia lo stesso. Finalmente quanto la differenza dei termini è minore, tanto maggiore sarà l’esattezza e la cura con cui potrà farsene scelta. Coloro che prodigan le parole poco scorgono il male dell’errore: ed in materia di legislazione il rigore non può esser mai rimproverato d’eccesso. Le parole della legge devon pesarsi come diamanti.