< Pagina:Della consolazione della filosofia.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

117

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Della consolazione della filosofia.djvu{{padleft:117|3|0]]buoni e a' rei, è desiderato da’ buoni con naturale uffizio delle virtù; e i rei s’ingegnano d'acquistarlo per varii desiderii e mediante diverse cupidità; il che non è naturale uffizio d’acquistare il bene: pensi tu forse altramente? Mainò, risposi, che io non penso altramente, perchè anco quello che di ciò consegue, è manifesto; perciocchè per le cose concedute da me è necessario che i buoni siano possenti, e i rei debili. Tu, disse, la discorri bene; e questo è, come sogliono sperare i medici, segno che la natura s’è sollevata, e contrasta al male. Ma posciachè a far sillogismi e conseguenze ti veggio prontissimo, io raccozzerò e quasi farò un monte insieme di più ragioni. Guarda quanta sia la debolezza degli uomini viziosi, posciachè non possono giugnere nè a quello ancora, dove gli mena e quasi spigne l’istinto della natura: pensa quello farebbero, se da questo grande e poco meno che invincibile ajuto della natura, che fa loro la via innanzi, fossero abbandonati: considera come sia grande la impotenza degli uomini scelerati; perciocchè nè leggieri guiderdoni dimandano, nè da beffe, i quali però conseguire e ottenere non possono; ma mancano e vengono a essere privati della somma e principal capo di tutte le cose, nè possono i poverelli mandare ad effetto e acquistare quello, per cui solo acquistare mulinano giorno e notte; nella qual cosa grandi ed eminenti appariscono le forze de’ buoni: perciocchè, siccome quegli il quale, camminando co’ piedi, fosse infino a quel luogo arrivare potuto, dove più oltra co’ piedi camminare non si potesse, sa-

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.