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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Della consolazione della filosofia.djvu{{padleft:125|3|0]]
Mutar non può vostro veneno ascoso:
35Dentro riposto in più segreta parte
Siede il valor, che voi da’ bruti pârte.
Quei venen, lasso, con più forza ponno
Toglier l’uomo a sè stesso, che, più addentro
Passando, quel di dentro
40Fanno a’ vizii obbedir, ch’esser dee donno,
Nè nocevoli al corpo incontanente
Di ferita crudel piagan la mente.
PROSA QUARTA.
Allora io: Lo confesso, dissi, e veggo che non a torto si dice gli uomini viziosi, non ostante che ritengano la figura del corpo umano, mutarsi nondimeno quanto alla qualità dell’animo in bestie; ma a quegli, l’atroce e scelerata mente de’ quali incrudelisce a ruina e distruggimento de’ buoni, ciò essere lecito voluto non avrei. Nè lece, rispose, sì come in più convenevole luogo si mostrerà: ma non per tanto, se quello si togliesse via, il quale si crede che sia lor lecito, la pena degli scelerati s’alleggierebbe in gran parte; perciocchè (la qual cosa ad alcuno potrebbe per avventura parere incredibile) egli è necessario che i malvagi siano più infelici quando compiono i desiderii loro, che quando adempiere non li possono: perchè, se il volere le cose ree è cosa misera, più misera è il poterle, senza le quali non seguirebbe l’effetto della misera volontà. Per lo che, essendo in ciascuna di queste cose la sua miseria, necessario è che da tre disavventure siano spinti e aggravati coloro i quali tu vedi voler commettere alcun peccato, poterlo commettere, e commetterlo. Sono con teco, rispo-