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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Della consolazione della filosofia.djvu{{padleft:131|3|0]]hanno alcuna cosa grave e acerba: conciosiachè maggior compassione a coloro che la fanno, e più giusta, si debbe avere, i quali non da adirati, ma da favorevoli e misericordiosi accusatori conveniva che in giudizio, come al medico gl’infermi, fossero menati, a fine che con la pena le malattíe della colpa e i peccati loro risecando recidessero; e a questo modo o sarebbe soperchia l’opera degli avvocati e procuratori, o più tosto, se volesse far pro al mondo, in vece di difendere i rei, si volgerebbe ad accusargli; e i rei medesimi, se potessero per qualche fessura la virtù, che hanno lasciata, vedere, e conoscessero di poter, mediante i tormenti delle pene, por giù le lordezze de’ vizii, direbbero, per ricompenso della bontà da doversi acquistare da loro, che questi non fossero tormenti, e rifiuterebbero l’opera di chi volesse difendergli, rimettendosi in tutto e per tutto nelle braccia degli accusatori e de’ giudici. Onde segue, che gli uomini savii non possono avere odio nessuno contra persona; perchè i buoni chi odierà, che non sia del tutto pazzo? E avere in odio i rei manca di ragione; perchè, sì come il languore e la debolezza è infermità de’ corpi, così la tristezza e viziosità è quasi malattia degli animi. Ora, giudicando noi che gl’infermi del corpo non d’odio siano degni, ma più tosto di compassione, molto maggiormente dobbiamo non perseguitare, ma portare compassione a coloro, le menti de’ quali aggrava e tormenta la malignità, la quale è la più atroce malattia che trovare si possa.

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