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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Della consolazione della filosofia.djvu{{padleft:162|3|0]]innanzi, non aggiugne necessità nessuna alle cose future, la qual cosa tu ancora poco fa confessavi, qual cagione fa che le riuscite ed i fini volontarii si debbano a certo e determinato avvenimento di cose ristrignere? Perchè ponghiamo per cagion d’esempio, a fine che tu vegga quello che ne segua, che non sia prescienza nessuna. Dimmi dunque, quanto a ciò s’appartiene, le cose che da arbitrio procedono, sono a necessità ristrette? Mainò. Ponghiamo ancora che la prescienza sia, ma che ella non ponga necessità alle cose: egli, penso, rimarrà la medesima intera e assoluta libertà dell’arbitrio. Ma la prescienza, dirai tu, avvengachè non sia alle cose future necessità di venire, è nondimeno un segno che elle necessariamente siano per venire. In questo modo dunque, eziandío che la precognizione ovvero anticonoscenza non fosse stata, manifesto sarebbe gli avvenimenti delle cose future essere necessarii: perchè ogni segno mostra solamente che sia, ma non già fa essere, quello che egli dimostra; onde a voler mostrare la preconoscenza essere segno della necessità, bisogna prima mostrare nessuna cosa avvenire, la quale necessariamente non avvenga: altramente, se questa necessità non è, nè anco quella preconoscenza potrà essere segno di quella cosa la quale non è: senza che manifesta cosa è che le prove e ragioni dimostrative non da segni nè da argomenti di fuora cavati, ma da convenevoli cagioni e necessarie deono pigliarsi. Ma, come può essere, dirai, che quelle cose non avvengano, le quali dovere avvenire si preveggono? quasi come noi