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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Della consolazione della filosofia.djvu{{padleft:173|3|0]]presenza, qualunque ella si sia, di questo picciolo e veloce momento; la quale, perciocchè alcuna somiglianza porta di quella presenza immobile, a qualunque cosa viene le dà il parere tale, cliente è ella: ma perchè star ferma ed essere immobile non puote, infinito viaggio di tempo si prese e tolse; e così avvenne che ella con lo andare quella via continovasse, la cui pienezza collo stare abbracciare non potette. Laonde se vogliamo, seguitando Platone, porre alle cose degni nomi e convenevoli, diciamo Dio veramente eterno, e il mondo essere perpetuo. Poscia dunque che ciascuno giudizio le cose, che sottoposte gli sono, secondo la sua natura comprende, e Dio ha il suo stato sempre eterno e tutto insieme presente, ancora la scienza di lui trapassando ogni movimento di tempo, nella semplicità della sua presenza sta ferma, e, infiniti spazii di preterito e di futuro abbracciando, tutte le cose, come se allora si facessero, nella sua semplice conoscenza considera. Se tu per tanto la prescienza di Dio, mediante la quale tutte le cose conosce, pesare vorrai, tu stimerai più dirittamente pensare che ella non prescienza sia quasi del futuro, ma scienza d’un presente, il quale mai non venga meno; onde ella non previdenza, ma provvidenza si chiama: perciocchè, lungi posta dalle cose basse, quasi da un’alta sommità vede tutte le cose. Perchè vuoi tu dunque che quelle cose necessariamente si facciano, che dal divino lume illustrate e vedute sono, conciosiachè nè gli uomini ancora facciano che quelle cose necessarie siano, le quali essi vedono? Perchè, dimmi, quelle cose che tu